Ruolo del fisioterapista

a cura della Dott.ssa I. Fusaro (IOR Bologna)

Nel primo periodo post-traumatico/post-operatorio l’attenzione del fisioterapista si focalizza sul controllo del dolore e della flogosi. L’infiammazione ( o flogosi) è il primo processo di guarigione messo in atto dall’organismo a seguito di qualsiasi insulto sui tessuti, ma con l’aumentare della sua portata, la flogosi può assumere risvolti patologici e nel lungo termine irreversibili. L’apparato muscolo-scheletrico è uno degli apparati che più frequentemente è soggetto a danni da flogosi cronicizzata, ed il gomito è a sua volta una tra le sedi maggiormente esposte al rischio di rigidità per l’evoluzione fibrotica peri ed intra-articolare.

Il controllo della flogosi e del dolore è attuato con diverse metodiche:

  1. Protezione e Riposo relativo: l’articolazione va protetta ma esercitata. Per questo nelle prime fasi riabilitative, è indicato l’uso di un tutore per proteggere l’articolazione (Fig.1).

In questo periodo vanno esercitate la spalla ed il polso per evitare l’istaurarsi di atteggiamenti viziati e rigidità di queste articolazioni.

2. Crioterapia: riduce infiammazione, dolore, spasmo muscolare. Va effettuata con cautela se in adiacenza di nervi.

3. Compressione ed Elevazione: utile la modesta compressione dell’arto con garze (quando possibile compressione aerea statica ed intermittente) e l’elevazione per il controllo dell’edema (Fig.2)

4. Medicamenti: in prim’ordine FANS (attenzione a possibili emorragie da piastrinopenia con conseguente inibizione del processo di guarigione). In caso di trattamento post-chirurgico il controllo del dolore si ottiene efficamente con l’analgesia loco-regionale.

5. CPM: il vantaggio della mobilizzazione passiva continua motorizzata (Fig.3)

consiste nell’esercitare, quindi “nutrire” l’articolazione per tempi relativamente lunghi evitando l’affaticabilità muscolare che compare con il movimento attivo. La CPM va effettuata in fase precoce con velocità lenta per evitare contratture di difesa. L’uso della CPM non è indicato in caso di insufficienza dell’ apparato legamentoso per l’impossibilità ad un perfetto allineamento del gomito con l’asse di rotazione della macchina con conseguente stress di legamenti e stabilizzatori ossei.

Con la graduale guarigione istologica l’attenzione del fisioterapista deve convergere in misura sempre maggiore al recupero della piena articolarità attraverso la mobilizzazione precoce protetta. Il movimento precoce previene la formazione di aderenze, contrasta l’effetto dell’immobilizzazione, facilita il drenaggio linfatico e venoso, modula il dolore attraverso attivazione propriocettiva e gait control.

Il movimento precoce è protetto se si effettua nel rispetto dei tessuti molli in via di guarigione e dell’anatomia post-intervento, osservando un timing d’azione in base alla fase istologica: durante la fase acuta è indicata una mobilizzazione non aggressiva, durante quella fibroblastica e di rimodellamento è possibile invece una mobilizzazione forzata per la capacità dei tessuti a sopportare tensioni maggiori. Inoltre l’arco di movimento protetto deve essere diagnosi-specifico.

La mobilizzazione precoce protetta si articola in 4 modalità sequenziali.

  1. AA-ROM (MOBILIZZAZIONE ATTIVA ASSISTITA) Sin dalla fase infiammatoria. Il mantenimento di bassi livelli di attivazione volontaria muscolare minimizza le forze compressive e tangenziali sull’articolazione (Fig.4).

Ha effetti simili alla CPM.

2. A-ROM (MOBILIZZAZIONE ATTIVA) Esercizi prima in assenza di gravità, poi contro gravità. Per esempio, la flesso/estensione prima sul piano trasversale (Fig.5a), poi sagittale (Fig.5b).

Rispetto alla modalità precedente avvia la riprogrammazione della rete recettoriale che presiede al controllo neuromuscolare. Va praticata entro archi di movimento sicuri con monitoraggio dei carichi al gomito in base al vario posizionamento degli arti superiori. Ad esempio, la mobilizzazione del gomito ad avambraccio pronato comporta un aumento delle forze compressive omero-radiali, mentre l’abduzione di spalla comporta invece aumento delle forze in varo stress sul gomito.

3. P-ROM (MOBILIZZAZIONE PASSIVA) Mentre in passato il recupero dell’articolarità era ricercato attraverso il reclutamento muscolare in un arco di movimento non doloroso, la tendenza attuale è il guadagno del ROM attraverso una mobilizzazione passiva forzata durante la fase fibroblastica o di rimodellamento (fase tardiva di guarigione dei tessuti). La mobilizzazione passiva forzata (Fig.6)

attraverso lo stretching va iniziata non prima di 6 settimane dall’intervento chirurgico per evitare il rischio dello sviluppo di ossificazioni eterotopiche (sviluppo di osso nei tessuti molli intorno al gomito). Lo stretching determina modificazioni tissutali permanenti in lunghezza attraverso il tensionamento dei tessuti; la percezione nocicettiva (dolore) deve essere presente ma tollerabile. Per allungare la capsula anteriore, frequentemente retratta a seguito di un trauma del gomito ed importante causa di rigidità, si usano stiramenti a basso carico e di lunga durata (low-load, long-duration stretches) con pesi o bande elastiche a bassa resistenza: varie ripetizioni da 20 sec a 2-3 min oppure 1-2 da 10-12minuti. E’ utile far seguire allo stretching il lavoro attivo per il ripristino del controllo neuromuscolare nel nuovo arco di movimento ottenuto.

4.  RROM (MOBILIZZAZIONE CONTRASTATA) A 8-12 settimane, una volta recuperato il movimento attivo contro-gravità, l’esercizio diventa contrastato (contro resistenza). Principale obiettivo del RROM è il ripristino del controllo neuromuscolare articolare.

Ottenuto il ripristino dell’articolarità passiva ed attiva attraverso la mobilizzazione, l’intervento del fisioterapista è finalizzato al recupero del controllo neuromuscolare; questo si raggiunge attraverso il recupero di forza, resistenza e schema motorio.

  1. FORZA e RESISTENZA: Il lavoro di rinforzo deve essere sempre effettuato ricercando un corretto rapporto tra flessori ed estensori; si ottiene con esercizi attivi seguiti da esercizi in RROM secondo un programma graduale per ridurre il rischio di sovraccarico. Inizialmente sono indicate anche contrazioni isometriche (contrazioni muscolari che avvengono mantenendo ferma l’articolazione) per contenere l’ipotrofia e rinforzare la muscolatura senza stressare l’articolazione; si effettuano con tenuta per 3-6 secondi, riposo per uguale periodo, in sequenze di 10-20 ripetizioni per 2/3 volte al giorno. Anche per il lavoro isometrico la progressione deve essere graduale passando da posizioni stabili a instabili, aumentando la frequenza e inserendo un contrasto (Fig.7).

Le contrazioni eccentriche (contrazione muscolare che avviene in direzione contraria al movimento; ad esempio contrazione del bicipite durante l’estensione del braccio per gravità) sono utilizzate solo tardivamente e in casi specifici, dato il maggiore effetto stressante sul complesso articolare. Infine in caso di insufficienza degli stabilizzatori primari dell’articolazione (legamenti collaterali, coronoide, olecrano) è utile eseguire un potenziamento specifico dei secondari. In particolare, nel caso di una insufficienza del legamento collaterale mediale, esercizi di flessione contrastata per i muscoli flessori-pronatori dell’avambraccio (che si inseriscono sull’epitroclea) per il rinforzo di questi stabilizzatori dinamici mediali del gomito, evitando sollecitazioni in valgo. Nel caso di una insufficienza del legamento collaterale esterno, si eseguirà un rinforzo dei muscoli epicondiloidei, ossia degli estensori del polso-dita ad avambraccio pronato e dei muscoli flessori ad avambraccio supinato, evitando carichi in varo.

2. SCHEMA MOTORIO: Il trauma è un evento destruente la globale organizzazione articolare. La frattura ossea ed il traumatismo del complesso muscolo-capsulo-legamentoso sovvertono la stabilità articolare, innescando a catena una drastica riduzione della stimolazione meccanorecettoriale, disfunzione meccanica, deficit del feed-back propriocettivo ed incoordinazione di reclutamento ed attivazione muscolare (cioè un insieme di alterazioni del controllo del movimento da parte del sistema nervoso). Mentre per il recupero della stabilità meccanica può essere necessario l’atto chirurgico che deve mirare sempre a ricostruire perfettamente l’articolazione nel massimo rispetto dei tessuti periarticolari (per la preservazione delle afferenze noci-propriocettive residue, ossia delle strutture deputate al controllo del movimento), la rete recettoriale che presiede al controllo dello schema motorio viene riprogrammata con una riabilitazione di tipo neuro-biomeccanico attraverso la rieducazione percettiva e propriocettiva.

Rieducazione percettiva: la percezione dell’arto nello spazio è ottenuta con la risoluzione di compiti.

Rieducazione propriocettiva: riprogramma l’unità periferica di controllo (i recettori, ossia i “sensori” situati nei muscoli per il controllo neurologico del movimento) per il corretto reclutamento muscolare e, globalmente, il ruolo informativo di gomito ed arto superiore effettuando il lavoro in catena cinetica chiusa per sollecitare le articolazioni in compressione, poi in catena cinetica aperta per il reclutamento selettivo di tutta la muscolatura (Fig.8);

Facilitazioni neuro-muscolari: si avvalgono di esercizi secondo schemi diagonali spirali eseguiti in allungamento con stimolazione recettoriale;

Esercizi pliometrici: sfruttano i movimenti di lancio veloci, a carico eccentrico seguiti da una contrazione concentrica.

L’ultima fase del processo riabilitativo prevede una integrazione del gomito nella catena cinetica-cinematica dell’arto superiore. L’obiettivo è il ripristino della sinergia gomito-spalla e gomito-mano. La prima si organizza intorno alla contrazione sinergica di bicipite e tricipite, rendendo possibili gesti di forza come spingere (estensione e pronazione) e tirare (flessione e supinazione). La sinergia gomito-mano si organizza intorno alla funzione dei muscoli epicondiloidei ed epitrocleari, che rendono possibili i gesti di finezza come dare (estensione e supinazione) e portare a sé (flessione e pronazione).

E’ importante integrare queste fasi con un corretto allineamento posturale che si ottiene attraverso metodiche di tipo globale associate al controllo respiratorio ed esercizi di neuro coordinazione che coinvolgono l’intera catena cinetica tramite il mantenimento della forza e del timing dei muscoli stabilizzatori del tronco.

In tutte le fasi del trattamento riabilitativo post-chirurgico può essere utile la terapia in acqua per il recupero dell’articolarità, per il rinforzo muscolare e per il recupero propriocettivo.

Questa presentazione è diretta ad utenti comuni. Per informazioni più dettagliate e dirette a personale medico o paramedico si consiglia di scaricare il file “rigidità di gomito.pdf” nella sezione aggiornamento.