Classificazione e valutazione clinica

relazione: 1.3 – Congresso: Rome Elbow 2011 – Anno: 2011
autori: F. Postacchini, G. Giannicola, F.M. Sacchetti

L’infiammazione duratura a carattere erosivo ed il carico portano a deformità progressive invalidanti con distruzione dei capi articolari. Il gomito è colpito frequentemente, il segno più precoce è una limitazione dolorosa dell’estensione mentre l’evoluzione della malattia comporta l’anchilosi in flessione. Frequentemente il processo sinovitico distrugge le strutture capsulo-legamentose e muscolo-tendinee causando una grave e sintomatica instabilità. Tra le manifestazioni extrarticolari ricordiamo il coinvolgimento dei vasi di medio e piccolo calibro, del cuore, dei polmoni e del rene ed infine i patognomonici noduli reumatoidi, sottocutanei lungo la superficie estensoria delle braccia, del gomito, della colonna, dell’occipite e di tutte le aree sottoposte a pressione meccanica. Come per l’artrosi anche per l’artrite reumatoide la classificazione più utilizzata è radiografica, proposta dai ricercatori della Mayo Clinic, suddivide la patologia in quattro stadi: Stadio I, osteopenia e tumefazione dei tessuti molli; Stadio II, erosioni marginali e riduzione moderata della rima articolare; Stadio III, sovvertimento strutturale dell’articolazione, riassorbimento coronoide, troclea e capitulum humeri, erosioni diffuse, aree cistiche; Stadio IV, distruzione dell’articolazione, perdita osso subcondrale, sublussazione od anchilosi. Come in tutte le branche mediche o chirurgiche la valutazione clinica del paziente deve iniziare con la raccolta di un anamnesi accurata. E’ importante indagare la presenza di patologie reumatiche eredo-familiari, conoscere l’età, l’arto dominante e le attività lavorative, sportive o ludiche che prevedono un uso ripetitivo ed intenso dell’arto superiore. L’anamnesi patologica remota frequentemente facilità il processo diagnostico poiché mette in luce patologie sistemiche, come l’artrite reumatoide o l’artrosi primitiva, che hanno già colpito diversi organi, apparati od altre articolazioni. Inoltre attraverso l’anamnesi patologica remota è possibile indagare su traumi pregressi, interventi chirurgici, terapie mediche o fisiche effettuate. In particolare nella valutazione del gomito post-traumatico, in previsione di un intervento chirurgico, è importante risalire al tipo dei mezzi di sintesi utilizzati ed alla loro posizione, ed indagare se sono state eseguite procedure di trasposizione del nervo ulnare. E’ fondamentale, inoltre, venire a conoscenza di pregresse infezioni accertate o sospette al fine di approfondire l’iter diagnostico e programmare un eventuale intervento chirurgico nei modi e tempi più opportuni. Con l’anamnesi patologica prossima si acquisiscono informazioni rilevanti sulle modalità di esordio della sintomatologia e sulla localizzazione del dolore (diffuso, laterale, posteriore, mediale): ad esempio, un dolore laterale può essere il segno di un artrosi primitiva in fase iniziale, che come noto colpisce elettivamente l’articolazione omero-radiale. Successivamente la definizione del tipo di dolore, dell’eventuale irradiazione dello stesso, delle sue variazioni durante la giornata o durante le richieste funzionali, potrà fornire ulteriori elementi di giudizio ed indirizzare il sospetto verso patologie infiammatorie o degenerative. Ad esempio un dolore costante nel tempo e che disturba anche il sonno notturno è tipico delle patologie infiammatorie, mentre un dolore improvviso associato ad blocco articolare è tipico dei corpi liberi endoarticolari, frequentemente presenti nelle patologie degenerative. E’ estremamente importante indagare sulla sintomatologia neurologica (parestesie, ipo-astenia muscolare), in particolare del nervo ulnare. Anche le variazioni della sintomatologia in seguito alla modifica delle attività quotidiane o lavorative, od in seguito alle prime terapie mediche o riabilitative effettuate, potranno fornire elementi preziosi per la diagnosi. Si definirà, inoltre, la limitazione funzionale soggettiva, lo stato psico-fisico generale e le aspettative del paziente, in quanto tutto ciò influirà sulla scelta del trattamento. Un’attenta raccolta anamnestica deve permettere all’esaminatore di postulare un sospetto diagnostico in modo tale da indirizzare il successivo esame obiettivo su una serie di test clinici piuttosto che altri; tuttavia l’esame obiettivo deve essere sempre il più completo possibile e deve prevedere 5 fasi: 1) Ispezione, 2) Esame del movimento, 3) Palpazione, 4) Test clinici, 5) Esame neurologico e dei vasi. Attraverso l’ispezione si valuta in primis l’atteggiamento dell’arto superiore, la gestualità e l’abilità nello svestirsi che forniscono preliminari elementi di giudizio, ad esempio le patologie infiammatorie sistemiche in fase acuta determinano spesso una semiflessione del gomito ed un atteggiamento coatto di difesa. E’ fondamentale, inoltre, osservare attentamente il mantello cutaneo, il colorito, la presenza di cicatrici ed innesti cutanei, in particolare in previsione di un ulteriore intervento chirurgico. Successivamente si valuta l’articolarità (attiva e passiva), quasi sempre ridotta nelle artropatie del gomito, e la si paragona con il ROM funzionale (130°-30° in flesso-estensione e 50°-50° in prono-supinazione). In questo modo è possibile correlare la limitazione funzionale al tipo di movimento deficitario e programmare i gesti chirurgici necessari al suo recupero. E’ importante valutare, inoltre, in che modo si manifesta il blocco articolare a fine arco di movimento, ad esempio se è brusco e netto si deve sospettare un alterazione osteo-articolare, mentre se è molle e cedevole è lecito sospettare una retrazione dei tessuti molli. La palpazione permette di valutare la maggior parte delle formazioni anatomiche del gomito in quanto gran parte di questa articolazione ha sede sottocutanea. E’ possibile esaminare gli epicondili, l’olecrano, l’articolazione radio-omerale, i legamenti collaterali, il nervo ulnare, i tendini del tricipite, del bicipite, degli epicondiloidei ed epitrocleari ed i loro ventri muscolari. Dalla loro palpazione si potranno apprezzare eventuali deformità, tumefazioni e si potrà evocare dolore. Numerosi test clinici possono essere eseguiti per avvalorare il sospetto di una patologia della regione del gomito. Nella valutazione clinica delle artropatie sono particolarmente importanti i test di stabilità come il varo e valgo stress, il Pivot shift test ed il tabletop relocation test. Questi test, in particolare nell’artrite reumatoide e nell’artrosi post-traumatica sono fondamentali per un corretto planning pre-operatorio, ad esempio nella scelta del tipo di impianto protesico. Nel caso di sospetto di una sindrome da intrappolamento nel nervo ulnare nella sua doccia retro-olecranica, frequentemente associata alle artropatie degenerative, è importante valutare la sensibilità e la forza dei territori di competenza ed eseguire test di provocazione come il Tinel od il test dell’iperflessione. E’ necessario comunque valutare attentamente la funzionalità di tutti i rami terminali del plesso brachiale attraverso un accurato esame della forza, della sensibilità e dei riflessi osteotendinei. L’EO viene poi completato dalla valutazione delle articolazioni adiacenti, sia per escludere che il dolore riferito al gomito sia un dolore irradiato, sia per valutare la funzionalità della spalla e della mano essenziale per la decisione del tipo di intervento chirurgico da eseguire; ad esempio in un paziente reumatoide con una mano non più funzionale sarebbe inutile impiantare una protesi totale di gomito. Nell’iter diagnostico delle artropatie del gomito non si può prescindere da una corretta valutazione anamnestica ed obbiettiva, tuttavia non è sufficiente, ed è necessario approfondire attraverso gli esami di laboratorio e la diagnostica per immagini, ai fini della programmazione di un adeguato percorso terapeutico.