La rieducazione funzionale post-operatoria

Relazione: 3.7 – Congresso: Rome Elbow 2011 – Anno: 2011
autori: I. Fusaro, S. Orsini, C. Scampoli, L. Conti, G. Lullini

La forma distinta del gomito moderno apparve circa 2 milioni di anni fa nell’Homo Habilis, probabilmente la prima specie ominide in grado di maneggiare strumenti, capacità per la quale era necessaria una salda e ampia prono/supinazione. Da allora tale morfologia è cambiata solo di poco durante tutte le fasi successive dell’evoluzione umana. Il gomito, articolazione intermedia dell’arto superiore, è biomeccanicamente interpretabile come una complessa rete di leve in grado di controllare la lunghezza nell’approccio e l’orientamento della mano nello spazio, permettendo una distribuzione delle forze di carico su tutto il complesso articolare durante le attività motorie. Nel gomito muscoli e tessuti periarticolari interagiscono in modo complesso e raffinato per mantenere l’omeostasi articolare e attivare il movimento attraverso la regolazione dei propriocettori. Posizione, movimento (cinestesia) e forza del sistema “gomito” rispetto al sistema peri/extrapersonale sono registrate da una complesso sistema meccanorecettoriale periferico. Unità della rete sono i recettori a rapido adattamento che segnalano l’inizio e la fine dello stimolo (Pacini e cellule di Swann) ed i recettori a lento adattamento che segnalano la forma dello stimolo (Ruffini, Golgi). Il tutto rende il gomito un’articolazione di senso. In questa articolazione, per la complessità che la distingue, si instaura con maggior frequenza rispetto ad altre sedi una rigidità che va prevenuta e contrastata con il trattamento riabilitativo in modo da recuperare quello che Morrey ha definito ROM funzionale cioè utile per l’esecuzione delle ADL: 100° in flesso-estensione e 100° in prono-supinazione, così distribuiti: 30°-130° per la flesso-estensione e 50°-50° per la prono-supinazione. Il trattamento riabilitativo del gomito artropatico deve essere impostato considerando le caratteristiche anatomo-funzionali di questa articolazione e le modificazioni che la patologia e l’eventuale traumatismo chirurgico e la successiva immobilizzazione determinano sul ROM, sul trofismo muscolare e sul controllo neuromotorio. Il percorso riabilitativo può essere suddiviso in cinque key points. Il primo consiste in una accurata e completa diagnosi per determinare il quadro anatomofisiologico, la fase istologica (infiammatoria, fibroblastica e di rimodellamento) ed il passaggio delle informazioni sia all’interno del team riabilitativo sia sotto forma di informazione e istruzione del paziente che deve diventare terapista di sé stesso. Il secondo key point ha come obiettivo primario il controllo del dolore e della flogosi. Nell’immediato post-operatorio ciò si ottiene con la protezione del gomito tramite una gomitiera di cartone in estensione o flessione. Utili sono anche l’applicazione del ghiaccio che riduce l’infiammazione, il dolore e lo spasmo muscolare, la compressione ed elevazione dell’arto sul livello del cuore per il controllo dell’edema e l’utilizzo di medicamenti (FANS, ossido nitrico topico, iniezioni di plasma arricchito di piastrine, tossina botulinica) valutando l’opportunità di effettuare una analgesia loco-regionale. Dopo la rimozione del drenaggio si effettua un “riposo relativo” dell’articolazione con mobilizzazioni di polso, mano e spalla proibendo posizioni dannose o carichi al gomito, ginnastica vascolare e linfodrenaggio. L’articolazione viene protetta sostituendo alla gomitiera di cartone un tutore articolato che permette il movimento entro un ROM sicuro. Già in questa fase è indicata la CPM, movimento passivo continuo che deve essere effettuato a velocità lenta per il massimo ROM possibile e per tempi lunghi Questo favorisce l’omeostasi articolare, previene la formazione di edema e ripara da un eccessvo accumulo di sangue e fluido; inoltre contrasta la tendenza dei tessuti articolari e periarticolari alla riorganizzazione fibrotica prevenendo quindi le contratture. Il terzo key point consiste nella mobilizzazione precoce e protetta. La mobilizzazione precoce contrasta gli effetti della immobilizzazione che si instaurano rapidamente e diventano permanenti dopo otto settimane; è quindi efficace per prevenire la formazione di aderenze, per facilitare il drenaggio linfatico e venoso, per modulare il dolore attraverso l’attivazione propriocettiva e del gait control. La mobilizzazione è protetta se si effettua con rispetto dei tessuti molli, conoscenza dell’anatomia, controllo costante durante il trattamento FKT, timing in base alla fase di guarigione istologica. La mobilizzazione può essere effettuata con 4 modalità sequenziali: attiva assistita, attiva, passiva, contrastata. Ogni modalità non deve essere mai così aggressiva da aggravare il dolore o riaccendere la flogosi. Il successivo key point è rivolto al recupero del controllo neuromuscolare per rendere funzionale il ROM raggiunto e stabilizzare il gomito se instabile attraverso il recupero di forza, resistenza schema motorio. Il lavoro di rinforzo deve essere sempre effettuato ricercando un corretto rapporto tra flessori ed estensori. Importante è il ruolo del tricipite nel mantenere in asse omero ed ulna attraverso la centratura olecrano-troclea. Lo schema motorio viene riprogrammato con una riabilitazione di tipo neuro-biomeccanico attraverso la rieducazione percettiva, propriocettiva, le facilitazioni neuromuscolari e gli esercizi pliometrici. La rieducazione percettiva viene utilizzata per il recupero della percezione dell’arto nello spazio attraverso la risoluzione di compiti. La rieducazione propriocettiva riprogramma l’unità periferica di controllo per il corretto reclutamento muscolare e, globalmente, il ruolo informativo di gomito ed arto superiore effettuando un lavoro in CCC per sollecitare le articolazioni in compressione e in CCA per il reclutamento selettivo di tutta la muscolatura. Le facilitazioni neuro muscolari si avvalgono di esercizi secondo schemi diagonali e spirali eseguiti in allungamento con stimolazione recettoriale mentre gli esercizi pliomentrici sfruttano movimenti di lancio veloci, a carico eccentrico seguiti da una contrazione concentrica. L’ultima fase del processo riabilitativo prevede una integrazione del gomito nella catena cinetica-cinematica dell’arto superiore garantendo una sinergia gomito-spalla che si organizza intorno alla contrazione sinergica di bicipite e tricipite che permettono i gesti di forza ed una sinergia gomito- mano che si organizza intorno alla funzione dei muscoli epicondiloidei ed epitrocleari permettendo i gesti di finezza e di relazione. Importante è integrare queste fasi con un corretto allineamento posturale con metodiche di tipo globale associate al controllo respiratorio ed esercizi di neurocoordinazione che coinvolgono l’intera catena cinetica tramite il mantenimento della forza e del timing dei muscoli stabilizzatori del tronco. In tutte le fasi del trattamento riabilitativo post-chirurgico è indicata la terapia in acqua per il recupero dell’articolarità, per il rinforzo muscolare e per il recupero propriocettivo.