La rottura del tendine distale del bicipite brachiale

Giannicola G., Bullitta G., Sacchi M.

La rottura del tendine distale del bicipite brachiale è una lesione piuttosto rara che rappresenta solo il 5%-10% delle lesioni tendinee di questo muscolo. La rottura avviene, nella maggior parte dei casi, con una disinserzione (distacco) completa del tendine dalla tuberosità del radio (Fig.1); meno frequentemente la rottura è parziale o avviene a livello del corpo del tendine o alla giunzione tra questo e la porzione muscolare del bicipite (Fig.2).

Fig. 2 (A) distacco dall’inserzione della tuberosità radiale, (B) lesione del corpo tendineo, (C) lesione della giunzione mio-tendinea, (D) lesione intra-muscolare

Generalmente la lesione avviene negli uomini di età media (40-50 anni), spesso lavoratori manuali o dediti ad attività sportive pesanti, quali il sollevamento pesi; molto raramente la lesione interessa il sesso femminile. Spesso la lesione è causata da un singolo evento traumatico, che si verifica durante uno sforzo (sollevamento di un peso) con il gomito flesso e con il polso ruotato verso l’esterno (supinato). Altre volte l’evento è preceduto da un periodo di dolore alla piega del gomito o da un precedente traumatico di minore entità e spesso sottovalutato. Alla base della rottura del tendine c’è sempre un’alterazione della costituzione della sua struttura (processo degenerativo) che avviene in soggetti predisposti. Alcune malattie, in particolare quelle di tipo endocrinologico (diabete, iperparatiroidismo), o alcune abitudini di vita, come l’uso di steroidi anabolizzanti, predispongono alla degenerazione e rottura tendinea. In questi casi la lesione avviene anche per traumi banali.

La rottura del tendine distale del bicipite è accompagnata da una sensazione di strappo e improvviso dolore in corrispondenza della piega del gomito che avviene generalmente mentre si sta sollevando un peso. Il dolore, di marcata entità, ma di breve durata, generalmente spinge la persona a recarsi in Pronto Soccorso. Tuttavia in alcuni casi l’attenuazione rapida del dolore spinge alcuni a sottovalutare la problematica. Ciò comporta, frequentemente, dei ritardi nella diagnosi che possono condizionare il successivo trattamento. Generalmente dopo pochi giorni, il paziente è in grado di riprendere rapidamente le proprie attività con un movimento del gomito conservato. Tuttavia il paziente avverte spesso una sensazione di debolezza al braccio, soprattutto nelle attività che comportano il sollevamento di pesi e la rotazione del polso che porta il palmo della mano verso l’alto (Fig. 3).

La diagnosi è prevalentemente clinica. Oltre alla presenza di dolore locale e debolezza muscolare si può associare la comparsa di ematoma nella regione anteriore del gomito. Si può apprezzare, a gomito flesso, una risalita del muscolo che porta ad un difetto visibile e palpabile nella regione distale del braccio (Fig. 4). Alcuni test clinici possono confermare la diagnosi, il più utilizzato è il test di Hook. In presenza di una lesione completa la perdita di continuità del tendine è facilmente apprezzabile alla palpazione. Un segno caratteristico è un modesto deficit di forza in flessione e uno più marcato in supinazione. (Fig.5).

Fig. 4 A sinistra: il profilo normale anteriore del muscolo in un paziente sano dove il muscolo e il tendine distale appaiono nella corretta tensione. Al centro e a destra: due casi di rottura tendinea che evidenziano deformità del profilo anteriore del braccio dovuta alla risalita del muscolo e l’assenza della giusta tensione del tendine distale del m. bicipite

Fig. 5 A sinistra Hook test, ossia il test dell’uncino. In un paziente sano il medico riesce ad uncinare il tendine del bicipite mentre il muscolo è in contrazione; l’impossibilità di uncinare il tendine indica la rottura dello stesso. Al centro e a destra: valutazione della forza in supinazione e flessione.

Le indagini strumentali tra cui ecografia e risonanza magnetica (Fig. 6) sono utili a confermare il sospetto clinico ed a programmare un eventuale intervento chirurgico. Tali indagini permettono, inoltre, di diagnosticare e di differenziare il tipo di lesione (parziale o completa), quando i test clinici non sono dirimenti.

Fig. 6 A sinistra: sequenza in assiale che dimostra una lesione del tendine in prossimità dell’inserzione, A destra: sequenza in sagittale che evidenzia il tendine risalito e deteso. 

TRATTAMENTO

Il trattamento della lesione del bicipite distale è ancora oggetto di dibattito scientifico. Recentemente alcune evidenze scientifiche suggerirebbero Il trattamento chirurgico in face acuta, soprattutto nei soggetti giovani, sportivi e nei lavoratori manuali. Nei soggetti anziani o dediti a lavori di tipo sedentario o quando la diagnosi è tardiva è possibile attuare anche un trattamento conservativo.

Il trattamento chirurgico consiste nella repertazione del tendine (Fig. 7) e nella sua reinserzione in corrispondenza della tuberosità del radio; in alternativa il tendine può essere inserito in corrispondenza del tendine del muscolo brachiale (muscolo sottostante) che si inserisce alla base della coronoide dell’ulna. (Fig. 8)

Fig. 8 A sinistra: reinserzione anatomica del tendine bicipite brachiale in corrispondenza della tuberosità del radio. Al centro: il muscolo brachiale, situato sotto il muscolo bicipite brachiale, si inserisce alla base della coronoide ulnare. A destra: reinserzione non anatomica del tendine del bicipite brachiale in corrispondenza del tendine del muscolo brachiale 

Nel primo caso il tendine viene riposizionato nella sua sede anatomica con l’ausilio di ancore, fori trans-ossei o viti a interferenza. Questo tipo di reinserzione è da preferire, soprattutto quando l’intervento viene eseguito in fase acuta in quanto consente il recupero della forza anche nelle rotazioni della mano. Nel secondo caso, tecnicamente più facile da eseguire, il tendine viene reinserito nel tendine del sottostante muscolo brachiale, (altro muscolo flessore dell’avambraccio ma con nessuna funzione rotatoria del polso). In questo caso non si recupera la forza nelle rotazioni ma solo in flessione.

In caso di rottura parziale del tendine del muscolo bicipite brachiale il trattamento iniziale può essere di tipo conservativo ma il paziente deve essere informato che molto probabilmente persisterà dolore e che potrà accadere la rottura completa successivamente. Il trattamento conservativo consta di terapia medica antinfiammatoria, crioterapia locale (ghiaccio) e riposo funzionale nelle prime due settimane, seguiti da un graduale recupero della funzionalità dell’arto. Segue un periodo di riabilitazione fisiochinesiterapia finalizzato al recupero della forza muscolare.

Nella lesioni complete croniche, ovvero diagnosticate nelle 4/6 settimane successive all’evento traumatico, il trattamento può variare a secondo dell’età e delle richieste funzionali del paziente. La scelta del tipo trattamento è condizionata dagli stessi fattori che influenzano il trattamento in acuto. In caso di astensione dall’intervento chirurgico il paziente deve essere consapevole che può determinare un deficit lieve di forza in flessione (circa il 10-20%) e più rilevante in supinazione (30-40%). Talvolta può permanere un dolore significativo durante l’uso dell’arto causato dalla retrazione del ventre muscolare e dalle aderenze fibrose che il tendine leso può formare con i tessuti circostanti. Nel caso si decida di procedere all’intervento chirurgico il paziente deve sapere che l’intervento è più complesso, che può richiedere l’utilizzo di innesti tendinei prelevati da cadavere e che è maggiore il numero di complicanze vascolo-nervose. (Fig. 9)

Figura 9 Riparazione tendine del bicipite distale con l’utilizzo d’innesto tendineo prelevato da cadavere.

La riabilitazione post operatoria è simile a quanto descritto per il trattamento di tipo conservativo. In generale, dopo un periodo iniziale di immobilizzazione in tutore (Fig. 10), variabile da 1 a 3 settimane, segue un periodo di ripresa graduale del movimento. Successivamente saranno eseguiti esercizi finalizzati al recupero della forza muscolare e dell’elasticità tendinea. Il paziente, dopo circa 2 mesi, ritorna gradualmente a svolgere le attività fino ad arrivare ad un recupero completo e senza restrizioni lavorative e/o sportive nei successivi 4.