Epitrocleite (Gomito del golfista)

L’epitrocleite, più comunemente conosciuta come gomito del golfista, è una sindrome dolorosa dovuta generalmente ad un sovraccarico funzionale e/o degenerazione tendinea dei muscoli epitrocleari. Questi sono muscoli interni dell’avambraccio che originano dall’epitroclea e si inseriscono sull’ avambraccio, sul polso e sulla mano. Questi muscoli servono a ruotare all’interno (pronazione) la mano, a flettere il polso e le dita. L’epitrocleite è la causa più frequente di dolore mediale (interno) al gomito. (Fig.1) (Vedere la sezione di Anatomia per approfondimento).

In realtà, nonostante la definizione di epitrocleite lasci presupporre un quadro infiammatorio dei tendini interessati, l’inserzione di questi muscoli subisce frequentemente un sovvertimento della struttura tendinea, chiamata degenerazione angiofibroblastica che comporta uno scompaginamento e una progressiva sostituzione delle fibre elastiche (che compongono il tendine) con un tessuto fibroso più riccamente vascolarizzato (Fig.2)

Per questo si preferisce parlare, come nel caso dell’epicondilite, di tendinosi e non di tendinite, definizione, quest’ultima, più appropriata per quadri puramente infiammatori.

L’epitrocleite colpisce con più frequenza l’arto dominante, più frequentemente pazienti tra i 35 e 50 anni, anche se è possibile riscontrarle in tutte le fasce di età, con un’incidenza più alta nel sesso maschile.

La diagnosi è prevalentemente clinica. Nella valutazione del paziente va posta attenzione al tipo di attività sportiva o lavorativa svolta dal paziente essendo più colpite persone che utilizzano in modo ripetitivo l’avambraccio, soprattutto con gesti di flessione e pronazione (rotazione interna dell’avambraccio). (Fig.3)

Frequentemente i pazienti riferiscono altre tendinopatie nel passato, come l’epicondilite, patologie della cuffia dei rotatori, sindrome del Tunnel Carpale, dito a scatto, rotture tendinee ecc., che sono espressione di una predisposizione individuale per le tendinopatie degenerative. Clinicamente il dolore è localizzato in corrispondenza dell’epitroclea e si irradia lungo i muscoli interessati verso la mano. In modo caratteristico si evoca il dolore facendo contrarre contro resistenza questi muscoli con opportuni test clinici (Fig.4). In particolare si chiede di flettere il polso o di ruotarlo verso l’interno (pronarlo) contro la resistenza posta dalla mano del medico

Fig. 4 Test clinici: la palpazione in corrispondenza dell’epitroclea e la valutazione della flessione e pronazione del polso contro resistenza opposta dal medico evocano dolore

Le indagini strumentali tra cui la radiografia, l’ecografia e la risonanza magnetica (Fig.5) servono a confermare il sospetto clinico ed eventualmente ad escludere altre cause di dolore mediale (interno) al gomito.

Infatti tra queste sono da ricordare le sindromi da compressione nervosa del nervo ulnare (patologia che può comunque associarsi a questa tendinopatia), la lesione del nervo cutaneo mediale dell’avambraccio,la compressione delle radici nervose cervicali, l’instabilità articolare, la patologia articolare degenerativa e le lesioni del lacerto fibroso (ossia una espansione interna del tendine del muscolo bicipite brachiale).

Distinguiamo tre stadi nell’epitrocleite, nei quali è spesso possibile correlare al quadro anatomo-patologico l’approccio clinico-terapeutico.

• Stadio I: infiammazione senza degenerazione angiofibroblastica. Questa è una fase realmente infiammatoria del tendine e come tale più facilmente reversibile. Sono le forme che rispondono bene al trattamento conservativo.
• Stadio II: presenza di scarsa degenerazione tendinea associata ad aree di tessuto sano o infiammato. E’ una fase meno reversibile della precedente e che può evolvere verso la guarigione o verso la cronicizzazione.
• Stadio III: l’invasione angiofibroblastica è marcata e si può associare l’interruzione parziale o totale delle fibre tendinee. In questi casi la patologia non è reversibile e non recede con il trattamento conservativo. Spesso necessita di intervento chirurgico.

In considerazione del frequente interessamento del nervo ulnare (50% dei casi), si distingue, inoltre, un Tipo IA dove non vi è interessamento del nervo ulnare ed un Tipo IB in cui l’interessamento è minimo. Nel Tipo II vi è un marcato interessamento del nervo ulnare con segni clinici di deficit neurologico.

TRATTAMENTO
Il trattamento di questa tendinopatia è diretto alla risoluzione del dolore, che è il sintomo per il quale il paziente affetto da “gomito del golfista” richiede l’intervento medico. L’interruzione dell’attività sportiva o lavorativa che determina il sovraccarico funzionale, l’uso di farmaci antinfiammatori e di presidi fisioterapici, l’applicazione di tutori di neutralizzazione (Fig.6), la crioterapia e, successivamente, il calore locale sono presidi terapeutici di prima istanza.

Se queste procedure hanno successo, segue un programma riabilitativo graduale teso a restituire elasticità, forza e resistenza ai gruppi muscolari interessati. Qualora invece il paziente non risponda al programma terapeutico può essere appropriato ricorrere ad infiltrazioni locali con cortisonici. Generalmente si eseguono due o tre infiltrazioni.

Se la sintomatologia dolorosa persiste nonostante il trattamento conservativo perseguito per almeno 3-6 mesi trova indicazione l’intervento chirurgico. L’intervento, realizzato artroscopicamente od a cielo aperto, deve perseguire l’obbiettivo di rimuovere il tessuto degenerato e di favorire i processi riparativi tendinei attraverso una cruentazione locale (forage epicondilo), ossia dei gesti tecnici mirati ad aumentare la vascolarizzazione locale del tendine che ne favorisce la guarigione (Fig. 7).

Se queste procedure hanno successo, segue un programma riabilitativo graduale teso a restituire elasticità, forza e resistenza ai gruppi muscolari interessati. Qualora invece il paziente non risponda al programma terapeutico può essere appropriato ricorrere ad infiltrazioni locali con cortisonici. Generalmente si esegue un ciclo di due o tre infiltrazioni.

Recentemente, negli Stati Uniti è stato sperimentato, con risultati incoraggianti, il trattamento dell’epicondilite con infiltrazioni di Pappa Piastrinica. La Pappa Piastrinica, ricca di fattori di crescita, viene ottenuta dal sangue dello stesso paziente attraverso un semplice processo di centrifuga ed iniettata in prossimità dell’epicondilo circa 30 minuti dopo il prelievo.

Fig. 7 figure mostrano i principali step dell’intervento chirurgico che consistono nel repertare i tendini, distaccarli, asportare il tessuto degenerato, eseguire fori trasossei sull’epitroclea per favorire la vascolarizzazione ed infine la reinserzione tendinea.

Fig8. L’intervento consiste nel trovare ed asportare il tessuto patologico tendineo (a sinistra), nell’eseguire fori in corrispondenza dell’epicondilo (al centro) e nella sutura dei tendini (a destra).

La riabilitazione post operatoria segue programmi riabilitativi diversi a seconda del tipo di intervento. In generale dopo un breve periodo di immobilizzazione in tutore, segue un periodo di ripresa graduale del movimento. Successivamente saranno eseguiti esercizi finalizzati al recupero della forza muscolare e dell’elasticità tendinea. Successivamente se il paziente è uno sportivo sarà iniziato un programma specifico per il recupero del gesto atletico.

Questa presentazione è diretta ad utenza non specializzata.

Nell’epitrocleite frequentemente è necessario associare l’intervento di decompressione o trasposizione del nervo ulnare, ossia procedure che mirano a liberare il nervo da possibili compressioni esterne (Fig.8).